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In Sicilia c'è un bitter sopraffino ma per pochi: la ricetta segreta e secolare di Vincenzo Florio

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Il Bitter Florio, tra storia e leggenda. Inventato quasi un secolo fa, potrebbe essere tra le bibite più bevute nel mondo
Il Bitter Florio, ricetta originale di Vincenzo Florio (foto © Antonino Costa)
Etichetta originale del Bitter Florio
Il Bitter di Vincenzo Florio, sullo sfondo il porticciolo della Tonnara a Palermo (foto © Antonino Costa)

L'ho assaggiato per caso, perché purtroppo non è in commercio. Parlo del Bitter Florio, della ricetta originale di Vincenzo Florio.

Dico per caso perché non era previsto; mi trovavo alla Tonnara dell'Arenella per una visita guidata e dopo aver girato per questo luogo meraviglioso e allietato gli occhi anche nella palazzina dei Quattro Pizzi, i padroni di casa ci hanno fatto questa sorpresa: la degustazione di quella che potrebbe essere una delle bitite più famose al mondo, al pari del Bitter Campari.

Se vi dico Campari a cosa pensate? Qualcuno visualizzerà subito qualche famoso spot, più di qualcuno penserà all'amatissimo Spritz (a chi l'Aperol a chi il Campari), i palermitani probabilmente penseranno anche a quell'antica barzelletta... "Barista, un Campari!...e il barista: "Picchì un mori tu!".

Nessuno, però, penserà alla Sicilia. Eppure attorno al bitter ruota una leggenda (cosa che non è strana quando si tratta dei Florio).

Vincenzo Florio, figlio di Ignazio Florio, fratello minore di Ignazio jr, noto ai più per essere colui che ha anche organizzato la famossissima Targa Florio, era un personaggio eclettico, capace, determinato.

Non erano tanto gli “affari” che gli interessavano non nel senso più classico, insomma, la parte dell’imprenditore, svolta magistralmente in primis dal nonno Vincenzo, non era quella che si addiceva davvero, lui preferiva altro, spaziava tra l’arte, il design, la moda, la pittura (futurista, fu allievo di Balla), e amava anche dilettarsi con la chimica così impiantò all'Arenella, con licenza UTIF, una piccola industria di anisette, bitter, curaçao, menta e un liquore simile allo Strega chiamato VLF (Vincenzo Lucie Florio) e disegnò personalmente i logo di stampo futurista.

Fu così che creò qualcosa che in pochi, pochissimi conoscono e che, come vi dicevo, ho avuto il piacere di gustare: il Bitter Florio.

Le difficoltà arrivarono nel momento in cui bisognava distribuire il prodotto. Occorreva un'organizzazione di mezzi e di denaro che il cavaliere Florio non aveva. Le banche si rifiutarono di far credito e l'iniziativa andò in fumo nonostante avesse un prodotto davvero eccellente realizzato dalla elaborazione della corteccia di china e altre 5 erbe siciliane. Di più non so dirvi della ricetta, è custodita ancora oggi dalla famiglia Florio ed è chiaramente segretissima.

Ma andiamo avanti. Vincenzo Florio aveva un caro amico che spesso gareggiava alla Targa Florio e che in più di una occasione si piazzò anche in ottime posizioni. Con lui si incontravano anche in giro per il mondo. Il suo nome era Giuseppe Campari detto in milanese "el negher" per il colore scuro della sua carnagione. Una vita costellata da successi come pilota in tutto il mondo.

Insomma, proprio a lui, Vincenzo Florio decise di far dono della sua ricetta, seppur leggermente modificata. Fin qui è storia, supportata anche da una corrispondenza epistolare tra i due in cui il pilota chiedeva consigli e chiarimenti sulla ricetta.

Ed è qui che entra in campo la leggenda. Qualcuno dice che da quella ricetta modificata nacque il Bitter Campari diventato famoso in tutto il mondo. La famiglia Campari era già nota nel campo, nel 1860 aprì a Milano una distilleria (a cui seguirà poi l’apertura del Caffè Camparino, nella Galleria Vittorio Emanuele II) ma il bitter è diventato il loro cavallo di battaglia.

Di questo aneddoto non v'è traccia nella storia della famiglia Campari, e di fatto Giuseppe Campari, il pilota, era a quanto pare solo un parente lontano del fondatore Gaspare Campari e dei suoi figli che in seguito rilevarono l'azienda. Magari aveva in testa di fornire quella ricetta ai parenti, magari lo fece e quello che beviamo oggi è davvero frutto della ricetta modificata di Vincenzo Florio.

La storia ufficiale racconta altro anche se mai in maniera approfondita e a quella ci atteniamo serenamente. Di certo, sorseggiare uno spritz e pensare che lì dentro c'è anche un po' di Sicilia, brutto non è, e poi è sempre bello tirare fuori qualche storia curiosa da raccontare agli amici mentre si beve insieme.

ll Bitter Florio, che vedete nelle fotografie, ancora oggi si produce alla Tonnara Florio dell’Arenella, ma solo per occasioni speciali. E forse questo rende questa storia ancora più affascinante e ha reso quei due bicchieri che ho gustato al tramonto ancora più romantici.

pubblicato su Balarm *società in liquidazione
© RIPRODUZIONE RISERVATA  

di Marta Genova